La Torre sull’Isola Tiberina

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La Città Eterna è ricca di torri di ogni stile e fattura.
Perlopiù medievali, sono edifici solidi, ma non privi di eleganza, fatti costruire dalle più autorevoli e potenti famiglie di Roma a coronamento e difesa delle loro dimore e per rivendicare la propria supremazia nei diversi rioni.

Sono vere fortezze ricche di storia e di aneddoti, come la torre sull’Isola Tiberina che, con la sua severità medievale, è eretta a guardia dell’antico Ponte Fabricio, detto anche Ponte Quattro Capi.

Le vicende edilizie

Nel rione Ripa, la torre sull’Isola Tiberina, realizzata in laterizio, è ciò che resta di un complesso di edifici nobiliari edificati nell’arco di quattro secoli.

Contesa da importanti casate per la sua posizione strategica, passò di proprietà tra le più potenti famiglie aristocratiche romane: costruita dai Pierleoni, probabilmente nel XII secolo, appartenne successivamente ai Savelli e, dal Trecento, ai Caetani, dai quali prende il nome attuale.

Travolta dalle frequenti e terribili piene del Tevere, fu dapprima abbandonata e poi donata ai Frati Francescani Minori che, nel Seicento, destinarono la struttura alla cura e assistenza dei malati di peste e, assieme all’intera isola, essa prese il nome di “lazzaretto brutto”.

La sosta di Matilde

Nel tempo, la torre che domina l’ingresso all’Isola Tiberina fu fortezza, rifugio e sontuosa residenza: qui vi trovarono rifugio prima Papa Vittore III e successivamente Papa Urbano II.

Leggenda vuole che vi alloggiò anche Matilde di Canossa, la figura femminile più rilevante del Medioevo, entrata nel mito in veste di paladina della Chiesa.
Pare che nel 1087 la Gran Contessa sia venuta a Roma con i suoi soldati per cacciarne l’antipapa il Vescovo di Ravenna Guiberto.
Da questo momento in poi sarà lei la figura chiave dell’intermediazione nella lotta tra papato ed impero, il maggior conflitto di quel tempo.

Lo sguardo “di pietra”

La torre sull’Isola Tiberina la si conosce anche come “Torre della Pulzella”, per via di una piccola testa femminile in marmo inserita nella muratura della torre.

Anche se, nella realtà, la piccola testa marmorea è databile al I secolo d.C., una storia fantasiosa racconta che quella testa apparteneva ad una nobildonna del 1350 costretta a restare chiusa nella torre, poiché si era rifiutata di sposare un aristocratico, scelto dalla sua famiglia.

In attesa del ritorno a casa dell’uomo che amava, partito per la guerra, si narra che sia ancora lì che aspetta, con un enigmatico sguardo “di pietra”, consumato dal tempo.

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