Costruire è sapere
Una lunga conversazione con Luca Berretta sul ‘costruire’, affrontando temi che spaziano dall’analisi dello spazio urbano e il rapporto con la storia alla rigenerazione di luoghi di aggregazione, dal rapporto corretto con la casa alla distribuzione e al dimensionamento dei suoi ambienti.
Secondo l’architetto, costruire è sapere: in architettura, porre un’attenzione particolare su gli spazi sia pubblici che privati ci consente di riflettere al meglio sullo spazio nel quale viviamo.
Lo spazio urbano e il rapporto con la storia
La città è un ‘organismo’ che convive con le persone che la abitano. Per questo, da sempre, l’ARCHITETTURA è dare risposta a una condizione umana.
L’architetto, prima di essere bravo a disegnare case o città, deve essere sensibile e perspicace nel comprendere le persone, il loro modo di intendere l’abitare.
Ho lavorato molto nella zona di Capalbio dove ho costruito Casali: architetture semplici, che però hanno una forte connotazione con il territorio. In questi borghi la casa rappresenta un mondo privato legato al tempo libero. Costruisci un ambiente che dal punto di vista morfologico è importante, quindi devi essere attento a quello che fai.
Una nuova costruzione non deve essere necessariamente il segno che attesti “da qui è passato l’architetto”, occorre riflettere sul rapporto con la storia e il suo contesto.
Questo non significa che si debbano fare ‘cose vecchie’: occorre semplicemente aver studiato alcune tipologie rurali per capire quali sono tutti quegli elementi architettonici da reinterpretare nella progettazione e nella costruzione del casale.
Una buona conoscenza storica è importante in ogni contesto: sia che si disegni la città che una casa in campagna, gli elementi storici si “leggono”. Molte persone li osservano, altre meno attente non ci fanno caso, altri li subiscono senza accorgersene.
Recuperare le suggestioni che arrivano dal passato
Nella visione di Berretta non è sufficiente costruire, non basta disegnare un prospetto, occorre capire come lo si fa. Di fatto alla base deve esserci una preparazione: ‘costruire’ è sapere.
La mia opera più importante è il Cimitero di Ciampino. Avevo trent’anni e, aldilà dell’aspetto compositivo, il progetto si è presentato come tema letterario e pittorico. Hai a che fare con la morte, e devi porti il problema di come la gente visita quel posto, come si sente dentro in un luogo di questo genere.
In Italia abbiamo un’architettura importantissima – a cominciare dai cimiteri storici – così, quando l’ho progettato la mia memoria ovviamente è andata a Roma. Ho costruito un edificio – che dal 1980 non è ancora stato terminato – lungo mezzo chilometro in cui esistono i templi di Roma. Cioè ho usato la memoria storica dell’architettura romana per costruire edifici che accogliessero le sepolture ma che di fatto esprimessero la romanità dell’Appia antica. Insomma è un’architettura che ritrova la sua essenza nel passato.
Di fatto c’è tutto: Cecilia Metella, il Tempio di Vesta, una Piramide, il colonnato come a San Pietro e c’è un territorio verde con i suoi ulivi, con le sue cappelle private. Sembra una sorta di città riemersa. Ha un aspetto tranquillo e molto romano, non mette angoscia.
Inoltre, è un tema che ho affrontato – quando ci fu l’apertura del primo tratto – in maniera talmente laica che il giorno dell’inaugurazione con il Vescovo ci dimenticammo la croce cristiana.
Esempi virtuosi di nuove destinazioni d’uso
Nella cinta storica di Roma, al giorno d’oggi accade che antichi palazzi, vecchie fabbriche, officine meccaniche e magazzini dismessi vengono convertiti in ambienti destinati ad alberghi, abitazione oppure ad ibridi luoghi che accolgono spazi espositivi e commerciali.
Per gli antichi edifici storici, due sono i ‘modelli’ di conversione: un primo – prettamente culturale – che va in direzione di musei, gallerie, spazi interdisciplinari con una parte di spazi dedicati ad attività commerciali e intrattenimento.
A Roma, un grande esempio di CONVERSIONE e COMMISSIONE è l’ex Spazio 7.
Palazzo Cavallerini Lazzaroni – alle spalle del Teatro Argentina – ospita un locale su tre livelli che propone un nuovo format di promozione ed esposizione dell’arte. Al piano terra sono visibili brand di moda, al piano intermedio si può lavorare in uno spazio finemente arredato e usufruire di un bookshop con cinque editori, il piano più alto e affrescato accoglie la parte relativa alle mostre. C’è inoltre un bar sempre aperto e musica di costante accompagnamento.
Tutto ciò che è dentro questo locale ha un prezzo ed è in vendita.
Non c’è nulla che volendo non ti puoi portare via!
A ciascuno il suo… quartiere
Mentre la scelta della CITTA’ può dipendere dal lavoro, la scelta del QUARTIERE no.
Per la scelta di un quartiere entriamo in una sorta di micro cosmo in cui QUALITA’ diverse, da quartiere a quartiere, sono quelle che noi scegliamo, che noi sentiamo.
Il quartiere è significativo per ciascuno di noi.
Ho deciso di vivere al GHETTO – non potendo comprare una casa, l’ho affittata – perché la QUALITA’ della VITA per me è questa! È fondamentale, soprattutto quando raggiungi una certa età, e spero di potermela permettere sempre, non mi interessa più comprarla.
A prescindere da quelli che sono i conti economici, quella posizione per me è tutto. Non vivrei bene in una zona dove manca la città – come la intendo io, ovviamente – dove manca il rapporto con la strada, con la storia, con l’edificio, con quello che è il suo invaso urbano.
Ho scelto di vivere a Portico d’Ottavia, sia pure adattandomi in una casa su due livelli superando quella criticità, che molti pensano, che non ci sia verde – ma c’è Borromini, c’è l’architettura di Roma, che per me è forse più importante, e le persone non muoiono per l’aria del centro storico. Ho il piacere di uscire e passeggiare in centro, attraversare Piazza Costaguti – quella con la Fontana delle Tartarughe – nel silenzio della notte accompagnato solo dallo sgorgare dell’acqua delle fontanelle, e tutto ciò è impagabile. E pensare che c’è gente che fa 12mila chilometri per vederla.
C’è la storia di Roma e io sto bene lì!
Ciò detto, ognuno è libero di scegliersi il quartiere che preferisce: una bellissima casa col terrazzo ai PARIOLI, o un appartamento a VIGNA CLARA piuttosto che da un’altra parte. I motivi possono esser tanti e tutti validi. Dipende solo da come ognuno di noi è strutturato, pensa e si muove.
Io ad esempio ho buttato la macchina. Vivo con un motorino e una bicicletta, ho lo studio a 100 metri, non resto un’ora nel traffico. Tutto ciò che mi serve è a portata di mano: cinema, teatri, ristoranti e un piacere nell’ammirare tutto ciò.
Questa per me è QUALITA’ della VITA e non ha prezzo.